“Ho insegnato il senso critico”
"Tanto rap fra i giovani. Con la musica c'entra poco"
«Mi sono diplomata al liceo Gioberti a Torino, poi ho iniziato la facoltà di Giurisprudenza e, in parallelo, ho frequentato il corso di pianoforte al Conservatorio – racconta – Dopo il diploma ho iniziato l’insegnamento». La prima esperienza è stata in una scuola difficile. Al Lagrange a Torino, in una zona a cavallo tra centro e periferia: lì abbiamo attivato i primi progetti per inserire gli studenti stranieri. Uno degli strumenti che ho usato è stato il canto.
Poi il trasferimento a Chieri. Tre anni alla Levi, uno a Pino Torinese e, dal 2010, la media di Andezeno. Qui ha impostato il suo insegnamento su tre caposaldi. Canto, strumento e ascolto. Lo strumento è il tanto vituperato flauto dolce che tuttavia, dal punto di vista della didattica, ha numerose qualità.
Quali?
E’ leggero, tanto che tutti lo possono manovrare. I movimenti sono semplici e uguali per tutti. E questo è un aiuto per l’insegnante che deve tenere d’occhio tutti i ragazzi. Costa abbastanza poco, con 10-12 euro si acquista uno strumento di buona qualità. Ma bisogna che i ragazzi imparino ad apprezzarlo, altrimenti si trasforma in un giocattolo o in un’arma impropria.
Qual è il rapporto con la musica dei ragazzi d’oggi?
Ascoltano molto il rap: non dico che sia un genere da scartare, ma musicalmente c’è poco. Con i ragazzi ne parlo, e segnalo anche come spesso brani celebri di musica classica siano usati nei film o nella pubblicità.
Ci faccia un esempio.
Quello di un latte di riso per cui, come sottofondo, c’era l’ “Inno alla gioia”: i ragazzi hanno considerato che fosse inappropriato usare a quello scopo la musica che è stata scelta come inno dell’Unione europea.
In passato i brani celebri erano noti quasi a tutti, e quasi tutti erano in grado di intonare brani d’opera: oggi non è più così, perché?
Non c’è una sola causa. Radio e televisione dedicano pochissimo spazio e, peraltro, i giovani non le seguono. Le orchestre e le bande musicali sono sempre di meno, e anche la programmazione dei teatri s’è ridotta e non guarda più a un pubblico popolare. Proprio a questo proposito sto pensando a un progetto, per quando sarò in pensione e avrò più tempo libero.
Quale?
Mi piacerebbe organizzare delle possibilità d’incontro con “L’opera in pillole”, per bambini ma non solo. Vorrei raccontare le trame di opere celebri tipo Rigoletto, Don Giovanni, Cavalleria rusticana, e poi far ascoltare tre o quattro brani particolarmente significativi. Chissà, potrebbero essere dei semi che, in un domani, potrebbero germogliare e far nascere la passione per la musica di qualità, del passato o attuale.