La mia scuola dai gessetti al tablet
E' l'ora della pensione. "Un lavoro appassionante"
«Ho iniziato a insegnare a 19 anni, appena finite le superiori. Praticamente, non ho mai smesso di andare a scuola per 55 anni…». Anna Maria Finello, insegnante 61enne buttiglierese, da settembre sarà in pensione. Dal 1983 ha sempre lavorato come maestra delle elementari.
«Una volta la scuola era molto diversa, quando ho iniziato a lavorare ero maestra unica, insegnavo tutte le materie», ripercorre. Da quando è stato abolito il maestro unico, si occupa di materie umanistiche. Ha insegnato principalmente italiano, ma anche musica, arte e storia. Sempre a Buttigliera, dove è stata anche responsabile di plesso. «Essendo rimasta nella stessa scuola, gli ultimi anni mi capitava di insegnare a figli di miei ex allievi – sorride – Diversi ex alunni sono venuti a salutarmi negli anni, alcuni mi hanno raccontato di averli ispirati ad insegnare!».
Qual è stato il cambiamento più radicale in questi 42 anni?
Da quando non c’è più stato il maestro unico, l’insegnamento è diventato molto più un lavoro di squadra: bisogna cooperare molto e aiutarsi tra colleghi. È una cosa molto stimolante. Ho sempre avuto ottimi rapporti con gli altri insegnanti.
La maggiore cooperazione riguarda anche le famiglie, molto più incluse in progetti scolastici rispetto ad un tempo.
A Buttigliera, per esempio, i genitori partecipano a progetti come l’orto della scuola o “Puliamo Insieme”, così da coinvolgerli maggiormente nella scuola e conoscersi meglio.
Oltre al rapporto con i colleghi, è cambiato il ruolo sociale della maestra.
Negli anni ’80 la maestra era sinonimo di autorità: si ascoltava e si doveva imparare ciò che diceva. Oggi bisogna cercare di entrare più in empatia con i bambini, cercando di soddisfare le esigenze di ognuno di loro singolarmente e usare metodi più interattivi.
E poi sono cambiati, molto, i ragazzi.
Oggi hanno a disposizione molti più strumenti. Un nostro dovere è prepararli ad un utilizzo critico e consapevole. L’avvento della tecnologia digitale soprattutto: è un mezzo molto utile ma potenzialmente dannoso; è importante che imparino ad usarla nel modo giusto.
Anche la scuola, soprattutto durante la pandemia, ha iniziato ad utilizzare molto di più la tecnologia.
Il Covid è stato il momento peggiore da quando ho iniziato ad insegnare. Non poter stare a contatto con i bambini è stato tremendo. Però ha avuto il vantaggio di obbligarci ad imparare ad usare i vari strumenti tecnologici.
Da lì in poi, la scuola ha accelerato la dotazione di lavagne elettroniche, di computer, smart tv e tablet sia per la didattica a distanza sia per utilizzarla nelle lezioni in classe, integrando i metodi classici.
Oggi nelle lezioni possiamo usare strumenti come foto, video e presentazioni che possono aiutare a coinvolgere di più i bambini.
Ma non tutti i cambiamenti sono un’evoluzione.
Negli ultimi anni la scuola si è burocratizzata moltissimo, rendendo alcuni progetti molto più complessi da fare rispetto a prima, con il rischio di perdere molto tempo e non riuscire a farli.
L’insegnante è ancora un lavoro soddisfacente?
Sì, molto. Fino all’ultimo giorno mi ha appassionata moltissimo, anche perchè i bambini sono sempre una risorsa.
Ora però è arrivato il momento di farsi da parte: da settembre sarà in pensione, smettendo di essere nell’ambiente scolastico dopo tanti anni.
Ho intenzione di passare un po’ di tempo con la mia famiglia e poi vorrei leggere, viaggiare e dedicarmi ai miei hobby, un po’ come dicono tutti”. Ma ancora non ho realizzato: da settembre mi farà sicuramente un certo effetto.